Lungo il cammino verso la sostenibilità c’è anche il vino lombardo. Rispetto dell’ambiente, delle persone e degli agricoltori. Cresce la sensibilità sostenibile in Oltrepò Pavese, dallo “Speciale” pubblicato da ViniPlus, un lavoro di sensibilizzazione, informazione e progettuale di grande importanza.
Ecco l’articolo a firma di Alessandro Franceschini, E in fondo è possibile scaricare e leggere lo speciale per intero. Un viaggio nel presente e nel futuro sostenibile del nostro mondo diVino.
«Vogliamo che il Consorzio Tutela Vini dell’Oltrepò Pavese sia non solo garanzia di qualità ma anche di sostenibilità sia ambientale, che economica e sociale, quella che a me piace definire “sostenibilità etica”. Ci piacerebbe coinvolgere tutti gli attori della filiera e il territorio in pratiche sostenibili».
Come dichiarazione di intenti, quella di Gilda Fugazza, presidentessa confermata a marzo al timone del Consorzio del distretto vinicolo più importante dal punto di vista quantitativo della Lombardia, lascia spazio a pochi dubbi. La sostenibilità anche in questo angolo vitato della regione sembra essere in cima ai pensieri di chi deve prendere decisioni che valgono per tutta la numerosa base sociale. Un obiettivo non certo semplice che, però, ribadisce la presidentessa «non rappresenta più solo un’opportunità, ma è diventata una necessità».
E in effetti sembra che una generale sensibilità nei confronti di molte delle istanze che definiscono quello che viene considerato un approccio sostenibile, siano ormai entrate a far parte di questo territorio molto più di quanto appaia all’esterno. «Sì, è così, e questo vale soprattutto per le giovani generazioni. C’è un’enorme presa di consapevolezza» ci spiega Stefano Malchiodi, giovane direttore dal 207 della Tenuta Mazzolino, realtà di riferimento in quel di Corvino San Quirico, fondata dalla famiglia Braggiotti nel 980. E sebbene qui in vigna, sul fronte della biodiversità, si faccia molto e da tempo, per il direttore è bene parlare prima di tutto di aspetti sociali ed etici legati alla sostenibilità.
TUTELA DELLA BIODIVESRSITÀ, MA SENZA DIMENTICARE UNA VISIONE ETICA CHE METTA AL PRIMO POSTO IL RISPETTO DEL LAVORO
«Ci sono zone dove la marginalità è bassa e quindi la tentazione di terziarizzare i lavori è forte. Anche noi l’abbiamo fatto. Però facendoci dare le buste paga di tutti i dipendenti, perché il caporalato è sempre dietro l’angolo. Il rispetto dell’ambiente senza quello delle persone non è nulla: questo è un argomento prioritario».
Se l’etica è al primo posto, non secondario è anche l’aspetto economico. «Se io decido di adottare un nuovo cartone monopezzo che non richiede il nastro adesivo, difficile da differenziare, ma che costa di più, poi devo essere anche capace di trasformarlo in valore economico, altrimenti non sono sostenibile che faccio per essere ambientalmente, eticamente e socialmente sostenibile portano l’azienda poi a chiudere, non sono sostenibile».
In cantina la cura dei dettagli per inseguire la sostenibilità non manca, a partire dai tappi. «Usiamo quelli che si ottengono dalla canna da zucchero, che hanno un’impronta carbonica zero e sono totalmente riciclabili. E come lubrificante usiamo la cera d’api e non la paraffina, altrimenti poi non possono essere buttati nell’umido».
Niente fogli di plastica per l’accatastamento delle bottiglie, sostituiti da regoli di legno e una gestione del prodotto finito, la bottiglia, completamente riciclabile. «Sono tutti dettagli fondamentali, ma che ci rendono coerenti con l’idea di fondo di essere sostenibili». Definitivamente biologici da questa vendemmia, anche se in lotta integrata da molto tempo, in vigna Mazzolino ha un approccio particolarmente attento alla tutela della biodiversità: la lotta alle cicaline si attua alternando lo sfalcio dei filari, la fertilizzazione viene portata avanti seminando leguminose e poi restituendo le vinacce suolo.
«Usiamo la confusione sessuale per il controllo della tignola con i ferormoni evitando gli insetticidi e se abbiamo ugualmente problemi usiamo il bacillus thuringiensis, un fungo che se ingerito provoca la morte delle larve della tignola. Tutte operazioni che si fanno di notte e che indubbiamente complicano la vita di un’azienda».
Niente è lasciato al caso e anche lo stato di salubrità del suolo e la presenza o meno di biodiversità è misurato utilizzando indicatori di qualità riportati in una scheda di valutazione proposta dalla FAO. Un approccio molto pragmatico, che ritroviamo anche in un’azienda che sebbene sia ascrivibile pienamente all’interno del novero del cosiddetto movimento dei “vini naturali”, non nutre alcuna preclusione alle certificazioni e ai controlli quando si tratta di verificare lo stato di benessere dei propri vigneti. «Noi siamo certificati bio sin dalla sua istituzione negli anni ’90. Siamo dei pionieri, è una questione di coerenza e di correttezza personale» ci dice Giacomo Baruffaldi, che insieme al fratello Antonio conduce in una sorta di oasi quasi incontaminata, Castello di Stefanago, a Fortunago, ormai sugli Appennini, composta da 40 ettari di bosco e 20 di vigneti. Se il lavoro in vigna, sul fronte della biodiversità e quindi della sostenibilità ambientale, è ormai da più di 0 anni monitorato e controllato con attenzione anche dagli agronomi di VinNatur, associazione dell’universo naturale della quale fermamente fanno parte, quello sociale ed economico è argomento molto sentito e nei confronti del quale Giacomo Baruffaldi sente che deve essere ancora fatto molto in generale.
«Cosa sarebbe l’agricoltura di montagna senza il nostro lavoro? Non ci pensa mai nessuno. Io per tutelare l’ambiente devo pagare una tassa ed è assurdo, mentre chi inquina non paga. Noi siamo dei guardiani del territorio e quindi sostenibilità significa anche permettere ad un agricoltore di poter tutelare il suo territorio». Anche sul fronte dei prezzi il patron di Stefanago sottolinea il peso dell’eticità. «Un prezzo etico, corretto, giusto, ti dice se alle sue spalle tutta la filiera è corretta o meno». E in tempi di sottocosti e aste al doppio ribasso, non è in effetti un tema secondario. Il futuro? «Vogliamo introdurre altre colture, come abbiamo fatto qualche anno fa con l’orzo per la produzione della nostra birra, e soprattutto creare un parco da poter visitare per fare formazione e didattica ai visitatori».
IL NOSTRO MONDO SOSTENIBILE QUI
LO SPECIALE VINIPLUS QUI