Francesco Moser in compagnia di Gilda Fugazza, dell’assessore alla cultura di Regione Lombardia Stefano Bruno Galli, grande fan del campione trentino, con il presidente della Comunità Montana Oltrepò Pavese Giovanni Palli, nella due giorni di degustazioni “Dop” dell’Oltrepò Pavese hanno anche visitato il piccolo affascinante borgo di Bosmenso, “il borgo dei salami” dove il Consorzio ha recentemente organizzato una masterclass di successo, una versione di Perle d’Oltrepò abbinata a diverse stagionature del salume della tradizione.
Il campione trentino ha particolarmente apprezzato la storia e il presente di queste colline, dopo aver visitato il Castello di Stefanago, azienda vitivinicola fiore all’occhiello anche per la attenzione alla biodiversità e alla sostenibilità del vino, e ammirato la natura e la semplice bellezza del Borgo di Fortunago, ha fatto tappa dunque a Bosmenso, in Alta Valle Staffora, per conoscere la storia delle cantine centenarie dedicate ai salami (quello Dop di Varzi) curate con passione dalle nuove generazioni (curiosamente al femminile) delle famiglie Buscone e Pochintesta.

Francesco Moser sulla torre del Castello di Stefanago con Giacomo Baruffaldi per una visione dall’alto del magnifico Oltrepò Divino
La due giorni ha avuto un clou fra ciclismo e letteratura, con la ciclopedalata letteraria del 10 luglio, rassegna chiamata Oltrebici – parole in movimento, con tre rifornimenti di parole fissati al Casello di Retorbido, a Godiasco, a Ponte Nizza e poi il gran finale a Varzi, dopo 30 km ca con i ragazzi di Hub4Bike a fare da scorta, è finita fra letture e… pane, salame e bonarda. Più territorio e più cultura di così non si può.
Le soddisfazioni non sono mancate come ha spiegato Gilda Fugazza: Moser ha apprezzato i nostri prodotti con la sua spontanea generosità – ha detto fra l’altro – Ha accettato con entusiasmo l’incontro di due mondi del vino. Ci ha fatto anche sentire orgogliosi della nostra terra. Qui come altrove, in un Oltrepò Pavese che nel campo della spumantistica vanta un fiore all’occhiello, dovuto alla naturale predisposizione di questa terra per il vitigno (per noi) principe del metodo classico, il Pinot nero, che sulle nostre colline più vocate conferma da secoli ormai la sua attitudine a dare vini (un tempo li chiamavamo Champagne!) supremi che hanno una caratteristica unica: la tenuta del tempo.
Ho avuto il piacere di guidare Francesco Moser sue giù per le nostre colline, – conclude Gilda Fugazza – anche nelle zone meno vocate per il vino ma ugualmente ricche dal punto di vista agricolo perché sono le colline degli antichi grani (come la Valle Ardivestra) e ho visto con quanta attenzione studiava la nostra sostenibilità… naturale, come toccava la natura e apprezzava chi dedica cura alla terra, in tutte le fasi della produzione. Condividiamo lo stesso modo di pensare. Questi sono esempi e guide anche per i giovani che si avvicinano al mondo della viticoltura e dell’agricoltura.